b&b Villa Costanza elba

B&B ISOLA D'ELBA

BED AND BREAKFAST VILLA COSTANZA

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Villa Costanza

Benvenuto nel sito ufficiale del Bed & Breakfast Villa Costanza. 

Il nostro B&B si trova a Lacona, in una posizione tranquilla dalla quale potrai godere di una splendida vista mare sul golfo di Lacona e sul golfo Stella. Lacona si trova in una posizione perfetta per spostarsi in tutta l’Elba, da qui potrai raggiungere i principali centri e spiagge in pochi minuti di auto.
Villa Costanza è uno dei casolari più antichi di Lacona, è stata completamente ristrutturata nel 2022 e si trova immersa nel verde di una bellissima uliveta.

Il B&B Villa Costanza ha 5 camere spaziose, tre al piano terra e due al primo piano. All’interno della struttura è presente una zona comune che si affaccia sulla veranda, dove gli ospiti trovano tavolo, sedie e alcune sdraio per godersi la pace della campagna, una cucina dove ogni mattina prepariamo la colazione a buffet che potrai gustare in veranda o sotto al portico vista mare, in base alle tue preferenze.

La parte esterna è attrezzata con alcune sdraio per prendere il sole quando non avrai più voglia di stare in spiaggia. Tra i servizi del nostro B&B a Lacona ci sono anche una recovery bike, per chi viaggia con la propria bicicletta ed un parcheggio gratuito per le auto e le moto. 

“La prima volta che ho visto questo panorama mi sono immaginata su una delle sdraio con un calice in mano e una persona speciale accanto a me”

Villa Costanza

CAMERA SUPERIOR 1

Camera Superior 1, ampia matrimoniale al piano terra, di 31 mq, con bagno con box doccia e finestra.

CAMERA SUPERIOR 2

Camera Superior 2, ampia camera tripla di 31 mq al piano terra, raggiungibile sia dalla zona comune sia dall’esterno della struttura tramite un accesso indipendente.  

CAMERA SUPERIOR 3

Camera Superior 3 a Lacona, camera tripla al piano terra, di 35 mq, con aria condizionata e wi fi.

CAMERA SUPERIOR 4

Camera Superior 4, camera con letto matrimoniale e letto singolo al primo piano, di 30 mq, con ampio bagno con box doccia.

CAMERA SUPERIOR 5

Camera Superior 5, ampia camera tripla di 57 mq al primo piano. Dispone anche di un terrazzo privato da cui godere di una vista mozzafiato.

Villa Costanza

la storia di villa costanza

Le radici nella terra, lo sguardo rivolto al mare
Il mare si tinge di un grigio cupo mentre i nuvoloni scuri si srotolano nel cielo, terso fino a pochi minuti prima.
Dall’aia, Costanza scruta l’orizzonte. Le nuvole avanzano da Fonza, il temporale sta per arrivare davvero, questa volta.
Sposta lo sguardo verso la vigna. L’uva sta maturando bene, manca poco alla vendemmia.
“Speriamo che non sia grandine” dice Elbano al suo fianco. Anche lui ha visto quel nero avanzare, anche lui ha spostato lo sguardo sulla vigna, preoccupato.
Costanza annuisce.
“Vieni Caterina, aiutami a radunare le galline.”
La bambina lascia la palla e inizia a correre in tondo inseguendole e urlando “cococococo” per indirizzarle verso il pollaio.
Il temporale arriva davvero.
Il sole scompare dietro le grosse nuvole nere, la temperatura scende subito di qualche grado, il vento sferza la cima degli ulivi. Le prime grosse gocce si infrangono sul terreno riarso dal sole dopo la lunga estate di siccità.
La terra sembra respirare di sollievo al contatto con l’acqua e Costanza con lei.
Le galline sono al sicuro nel pollaio, l’asino raglia in lontananza e i gatti si sono rifugiati nella stalla, dove la mucca riposa e l’oca sta covando.
Costanza passeggia nell’uliveta e si gode le gocce sul viso esile, la pelle brunita dalle lunghe ore all’aria aperta, sotto il cocente sole di Lacona che in questa stagione, da mattina a sera, non dà tregua.
Intorno a lei, Caterina balla nella pioggia, quasi fosse una festa, prima che la mamma la convinca a rientrare.
Il temporale passa. Le nuvole proseguono il loro viaggio verso est, scoprendo nuovamente il sole.
Niente grandine, per fortuna. La vendemmia ci sarà e con lei l’allegria del grande pranzo in compagnia di parenti e amici che ogni anno la accompagna.
La vita in quella grande casa rossa scorre così da sempre, le stagioni sono scandite da vendemmie e mietiture, il giorno inizia all’alba e continua fino al tramonto, gli orari sono dettati dalle necessità del bestiame e della terra.
Appena sorge il sole, Elbano va nell’orto e ne raccoglie i frutti, selezionando i prodotti migliori da vendere. Costanza, dopo aver munto la mucca e sfamato le galline, si occuperà della parte del raccolto rimasto: nelle sue mani frutta e verdura diventano conserve per la famiglia e per chi le vuole comprare.
Le ricette e i procedimenti glieli ha trasmessi sua madre insieme a tutte le sue conoscenze, come sua nonna aveva fatto con lei e come lei sta facendo con la piccola Caterina: movimenti attenti, manualità capace, rituali sempre uguali da generazioni.
I forestieri che arrivano dal continente sono affascinati da questa conoscenza antica: la terra, la vite, l’ulivo, la frutta, la verdura, le bestie. Dalle città non sanno più come sia possibile conoscere tutto questo con una tale semplicità.
“Non è semplice, ma è semplicemente la vita” risponde sempre Costanza con un sorriso.
Ed è davvero la vita – qui. In questa assolata Lacona di metà anni ’60.
Era la vita di suo padre e sua madre prima di lei e dei suoi fratelli, prima che partissero per quella terra lontana, l’Argentina, quando lei era ancora troppo piccola per capire.
Mamma era già “anziana” quando lei, Costanza, era nata. Era stata sulla bocca di tutti nella conca di Lacona: “Incinta? Di nuovo? Alla sua età! Che scandalo!”.
Ma Mamma e Babbo non ascoltavano. Costanza era stata un dono imprevisto, prima femmina dopo tre maschi ormai grandi e autonomi. La piccola di casa e al tempo stesso bastone della vecchiaia e braccia per aiutare. Perché le braccia non sono mai abbastanza, in campagna.
Babbo la portava con sé a spollonare la vigna, insegnandole a riconoscere quei rami, le “femminelle”, che andavano tolte con delicatezza e decisione e spiegandole quali pampane rimuovere per far respirare i grappoli quasi maturi, evitando che l’umidità dello scirocco facesse fiorire la muffa tra gli acini.
Mentre lei aiutava a casa, in Argentina i suoi fratelli avviavano una produzione vinicola di successo: avevano anche loro imparato tutto da Babbo ed erano andati a cercare fortuna in quella terra lontana, dove un parente aveva già messo radici prima di loro. Erano partiti con una valigia a testa e con barbatelle dei vitigni di casa, portando un po’ di Lacona a Mendoza.
Babbo e Mamma non ci sono più, ma Costanza abita ancora in quella vecchia casa rossa e, con suo marito e sua figlia, porta avanti la tradizione contadina che le scorre nel sangue.
Nelle ore più calde, Costanza e Elbano si ritirano in cantina, dove la penombra e gli spessi muri di pietra garantiscono un minimo di sollievo. Elbano fa scorrere le reti da pesca tra le dita, spianandole e passandole alla moglie, che accanto a lui ne rammenda gli strappi.
Al tramonto, Elbano partirà con la barca per calarle e il giorno successivo la sua mattina inizierà ben prima dell’alba per poterle salpare.
In un angolo della cantina, su un giaciglio improvvisato, Caterina dorme.
“I milanesi hanno detto che la terrebbero con loro” dice a un certo punto Costanza, alzando lo sguardo sul marito.
Elbano si irrigidisce e la rete si ferma nelle sue mani, ma non dice niente.
“Le darebbero vitto e alloggio, la farebbero studiare” prosegue lei.
“Tutto quello che le serve imparare puoi insegnarglielo tu, possiamo insegnarglielo noi.”
“Noi possiamo insegnarle tutto su questa terra e su questa casa e sulla vigna e sul grano e sugli ulivi e sulle bestie e sulle nuvole che quando vengono da Fonza portano la pioggia, ma che se arrivano da nord probabilmente neanche ci sfioreranno” gli spiega tutto d’un fiato “ma non possiamo insegnarle nulla su quello che c’è la fuori.”
Elbano tace di nuovo. Non è d’accordo e lei lo sa. Questo è un punto di scontro da mesi ormai, ma quella testarda di sua moglie non vuole saperne di cedere. Il capo famiglia è lui e a lui spetta questa decisione: perché questa donna non riesce a rispettare la sua scelta?
Quei signori di Milano comprano la loro frutta e verdura ogni estate da molti anni ormai e in diverse occasioni sono stati ospiti nella loro grande casa rossa. Si è creato un bel rapporto di fiducia e stima, è vero. E negli anni hanno visto nascere e crescere Caterina e le vogliono bene come se fosse una loro nipote e lei ne vuole a loro.
Ma mandarla con loro sul Continente, così lontano! Come se lui non fosse in grado di provvedere alla sua famiglia. Non sono ricchi, è vero, ma lavorando duro se la cavano bene, hanno tutto quello che serve.
“Lo so che qui non le manca nulla” sussurra Costanza, come se gli leggesse nel pensiero – e in un certo senso è così: come lo conosce bene quell’uomo ormai. I suoi silenzi sono per lei libri aperti.
“La questione non è ciò che le manca” continua con calore, posando una mano sul braccio asciutto del marito “ma quello che potrebbe avere! Qualcosa che noi non abbiamo mai avuto e che non abbiamo nemmeno mai sognato di poter avere.”
Il silenzio cala di nuovo, per diversi minuti.
“Ancora è troppo piccola, vedremo più in là” dichiara Elbano senza alzare lo sguardo.
Costanza lascia cadere l’argomento. Questa risposta è già uno spiraglio nella direzione giusta. Lei sa che a lungo andare vincerà questa battaglia. Non si può sprecare un’occasione simile e anche Elbano lo accetterà.
Gli ultimi anni di duro lavoro, con qualche stagione cattiva che ha sciupato il raccolto, lo hanno indurito e segnato tanto in volto quanto nell’animo, ma Costanza sa che sotto la sua corazza di silenzio c’è ancora il ragazzo che l’aveva invitata a ballare al dopolavoro di Lacona.
Sembra una vita fa – pensa – ma sono passati solo dieci anni.
Qualche mese dopo quel ballo, lui le aveva scritto una lettera appassionata e tenera al tempo stesso, dichiarandole il suo amore e il desiderio di rivederla.
Avrei piacere a parlarle a bocca – aveva scritto – ma senza una giusta confidenza come posso io permettermi?
Eccolo suo marito, sempre combattuto tra il suo istinto e le aspettative della società intorno a lui: il suo problema è quello che penseranno gli altri, proprio come per la faccenda di Caterina a Milano.
Costanza invece è impulsiva e determinata – “testarda”, avrebbe detto il suo Babbo, “testarda come Gennarino” che era il vecchio asino di famiglia.
Quando aveva ricevuto quella lettera, che aveva letto e riletto fino a saperla recitare a memoria, era andata tutte le sere al dopolavoro per incontrarlo nuovamente, con i capelli attentamente intrecciati come la prima sera in cui avevano ballato.
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“Mi raccomando, scrivi.”
“Mi raccomando, quando riesci chiama.”
“Mi raccomando, aiuta in casa, a pulire, a cucinare, a lavare.”
“Mi raccomando, niente ragazzi.”
“Mi raccomando, studia tanto.”
“Mi raccomando, impegnati.”
“Mi raccomando.”
Caterina sbuffa.
“Mamma, basta! Non sono una bambina, so come ci si comporta, me lo hai insegnato e ti prometto che non vi farò vergognare di me. Ma basta ti prego, dammi tregua”.
Costanza la capisce: non è davvero più una bambina e a sedici anni anche lei avrebbe voluto rispondere così a sua madre, ma non si sarebbe mai azzardata. Una parte di lei sorride orgogliosa davanti all’audacia della figlia, che non teme di dire quello che pensa.
Elbano sta scaricando dall’auto la grande valigia piena di vestiti e soprattutto di conserve, olio, vino e verdure da portare a Milano. La appoggia in terra accanto alla figlia e la osserva senza dire una parola.
Il lungo lavoro di persuasione di Costanza ha avuto la meglio, Caterina andrà davvero in Continente a studiare, grazie al sostegno di quei milanesi gentili. Elbano però ancora non riesce a accettare di separarsi da lei. Con l’avvicinarsi della partenza è diventato di giorno in giorno più taciturno.
Caterina lo abbraccia, cercando di trasmettergli con la sua stretta tutto l’amore e la gratitudine che a parole non è mai riuscita a dirgli. Poi abbraccia sua madre, sempre in silenzio: loro si sono già dette tutto tante volte. Troppe volte, pensava Caterina fino a qualche ora prima, ma all’improvviso vorrebbe poter parlare con lei ancora una volta di tutta quell’avventura, di quello che l’aspetta una volta scesa dal traghetto, di quello che succederà. Improvvisamente, mentre la abbraccia, non vorrebbe lasciarla andare più.
“Ci mancherai, tesoro” sussurra Costanza al suo orecchio, sciogliendo la presa. “Ti vogliamo bene. Ora vai.”
Caterina prende la valigia e a fatica sale la scala che la porta sul traghetto. Una volta sul ponte si affaccia e saluta i suoi genitori con un cenno mentre sente le lacrime pungerle gli occhi. Anche loro la salutano e Caterina sa che anche i loro occhi sono lucidi.
Il traghetto si stacca dal molo, mamma e babbo diventano sempre più piccoli fino a scomparire dalla sua vista. Appoggiata al parapetto di poppa, Caterina tiene lo sguardo sulla sua Isola che si allontana sempre più. Quando la linea di costa lascia spazio al mare, Caterina prende la sua valigia e si sposta fino a prua, si siede su una panca e aspetta, guardando finalmente avanti.
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“Ti ricordi ancora la strada!”
“Guarda mamma che manco da un paio di anni, non da decenni” le risponde Marina imboccando la via che porta alla piccola villetta.
Sentendo il suono delle ruote sul vialetto di ghiaia, sua nonna Costanza esce di casa.
L’età le ha incurvato il corpo e il dolore del lutto improvviso ha segnato ancora più profondamente il suo viso, ma gli occhi sono rimasti giovani e brillano di gioia vedendo arrivare l’auto che le riporta le sue ragazze.
“Mamma!” Caterina la abbraccia e ancora una volta si stupisce della forza con cui l’esile e vecchio corpo della madre risponde alla sua stretta. Le loro lacrime si mischiano sulle guance; il loro dolore si fonde in uno più grande e al tempo stesso più leggero perché condiviso.
Quando le due donne si staccano è il turno di Marina, che abbraccia e bacia sua nonna, anche lei con il volto rigato.
“Mi dispiace tanto nonna. È stato così inaspettato, se ne è andato come ha vissuto, in silenzio per non disturbare. Tu, però, come stai?”
“Sono stanca. Anche se è bello vedere quante persone gli volessero bene: è da stamattina presto che la gente va e viene per dargli un ultimo saluto.”
E con un cenno del capo indica la porta di casa, dove parenti e amici partecipano alla veglia.
“Ti ricordi quello che tuo nonno diceva sempre sull’andare in mare, Nini?” continua Costanza. Marina le rivolge uno sguardo interrogativo e il cuore salta un battito sentendo il nomignolo con cui solo lei da sempre la chiama.
“Certo, ma cosa centra il mare?”
“Tuo nonno diceva sempre che è il mare a decidere quando è il momento di andare a pescare. Ti ricordi? Ecco, negli ultimi mesi, quando lo diceva, aggiungeva sempre che allo stesso modo è la vita a decidere quando è il momento di morire.”
“Da ieri” continua dopo una pausa assorta “lo immagino sulla sua barca, là fuori, a pescare. Me lo immagino sereno, mentre salpa le sue reti all’alba o butta la totanaia nella luce del tramonto.”
Dopo il funerale, a cena, Costanza si decide a fare la fatidica domanda.
“Quando dovete ripartire?” chiede, cercando di non far trapelare l’importanza che la loro risposta riveste per lei.
Riaverle entrambe con sé è il regalo più bello del mondo per Costanza. Nonostante la distanza che da anni le separa, il suo legame con la figlia è sempre stato solido e da quando è arrivata Marina è stato fortificato e intensificato da quella bambina che di mese in mese e di anno in anno ha colorato le loro vite con tutte le sfumature che l’amore conosce.
“Vorrei parlarti proprio di questo, nonna” risponde Marina. E Caterina sorride allo sguardo stupito e curioso della anziana madre. La figlia le ha raccontato tutto in viaggio.
Da un paio di anni, Marina sta coltivando un’idea.
Le è sbocciata dentro come un germoglio una mattina di inverno, in cui il cielo grigio di Milano faceva da contrappunto al suo umore nero. Un’idea semplice, che aveva iniziato a crescere e mettere radici sempre più profonde; con il tempo, poco per volta, da germoglio era diventata un albero e tanti tasselli della vita di Marina si erano riposizionati intorno ai suoi rami, lasciandogli lo spazio per continuare a crescere.
“Mi piacerebbe trasferirmi qui, all’Elba.” racconta “Potrei stare con te, nonna. Ti aiuterei.”
Il cuore di Costanza rischia di esplodere di gioia, dopo quei giorni di grande dolore. Le parole che vorrebbe dire si affollano sulla punta della lingua, senza riuscire a uscire.
“Cercherei un lavoro e mi piacerebbe aprire qualcosa di mio un giorno.”
Costanza ancora interdetta dalla notizia, si apre in un ampio sorriso.
La mattina successiva Costanza bussa presto alla porta di Marina.
“Svegliati Nini, devo farti vedere una cosa.”
Marina si veste in fretta. Costanza è stranamente di poche parole, ma le compensa con grandi sorrisi.
“Aiutami a salire in auto, Nini, che le ginocchia non sono più quelle di un tempo.”
Marina la aiuta e si mette alla guida. A ogni sua richiesta sul perché di quella segretezza e sulla destinazione, nonna risponde soltanto “Tra poco vedrai”.
La ragazza smette di fare domande e segue le indicazioni che Costanza le impartisce. Quando arrivano a destinazione, è come fare un tuffo nel passato.
Di fronte a lei, la casa rossa si staglia contro il cielo azzurro, abbracciata dagli ulivi, accarezzata dal vento della collina.
È la casa dove nonna e nonno abitavano quando lei era una bambina; poi la sua gestione era diventata troppo impegnativa per due persone che sarebbero diventate sempre più anziane: avevano deciso di affittarla e comprare la comoda casetta vicina al paese.
Marina osserva la casa rapita, camminandole intorno come a una statua in un museo, per studiarla da ogni angolazione e coglierne ogni dettaglio.
Non ci torna da più di quindici anni, ma ora tutti i ricordi la travolgono: le corse matte in mezzo a quegli ulivi inseguendo le galline, i graticci dove venivano riposte le olive durante la raccolta e il suo incarico di levare tutte le foglie rimaste in mezzo ai frutti, il suono delle uova fresche rotte al centro della montagna di farina sulla spianatoia in cucina, le merende con il nonno a base di pane e pomodori appena raccolti seduti su un sasso nell’ombra delle fronde, il profumo della nepitella con cui nonna condiva le zucchine da mettere in vasetto, le ore sotto il sole studiando le formiche e cercando di acchiappare le lucertole, le serate seduta sull’aia con nonna e nonno al calar della sera…
“Questa casa” dice Costanza distraendola dai suoi pensieri. “Questa casa appartiene da sempre alla mia famiglia. Ho pianto quando io e tuo nonno abbiamo scelto di lasciarla, ma lui era convinto che fosse la scelta migliore per noi.” Sospira. “E aveva ragione.”
“Ha ospitato tante persone diverse dopo di noi, questa casa. Negli ultimi anni, è stata dimora per un gruppo di ragazzi giovani che avevano avviato qui una scuola di apnea. Ma lo scorso anno se ne sono andati. Tuo nonno e io eravamo molto dispiaciuti, ci piacevano.”
“Nella vita niente succede per caso, sai?” continua Costanza dopo una breve pausa – e Marina sorride perché quella frase gliel’ha sentita dire così tante volte che alle sue orecchie suona quasi come un voto o una preghiera.
“Questa casa” ripete ancora una volta la nonna, allargando le braccia come per stringerla a sé con affetto.
“Questa casa è tua Marina, se la vuoi. Sarà il mio regalo per te, l’eredità mia e di tuo nonno: sarebbe felice anche lui di saperla in mano tua. Va sistemata, è vero, ha un po’ di acciacchi dovuti all’età” – aggiunge con un sorriso e un occhiolino – “ma può diventare quello che vuoi, per il tuo futuro qui. Ti sembra una buona idea?”
Marina è senza parole. Poi, come se quel posto l’avesse riportata davvero ai suoi dieci anni, grida. Grida di felicità e abbraccia stretta sua nonna.
“Immagino che questo possa valere come un sì” ride Costanza.
“Sì! Sì! Mille volte sì!” urla Marina travolta dall’entusiasmo.
E ancora incredula inizia a correre intorno alla casa, su e giù dalle scale, tra gli ulivi a braccia aperte, con le dita che sfiorano le foglie, l’erba, i muri e i sanpietrini dell’aia. Lacrime di gioia le rigano le guance mentre osserva e accarezza quella casa così grande e fiera che, come gli ulivi che la circondano, ha le radici nella terra e lo sguardo rivolto al mare.